21 Maggio 2024

Zarabazà

Solo buone notizie

PERCHE’ DOPO 42 ANNI LE LAMETTE DI RETTORE TAGLIANO ANCORA?

Ci sono canzoni che non diventano “semplicemente” patrimonio della musica italiana tanto da diventarne pezzi della nostra storia. bensi’ si insinuano nel tessuto culturale di una nazione come trame indistruttibili.
E’ il caso, fra gli altri, di “Lamette” , brano cult di Rettore.

Pubblicata nel 1982 (eh si….ha ben 42 anni) divenne da subito un tormentone : radio, juke-box e discoteche la proclamarono una delle canzoni dell’anno.
Transgenerazionale e per tutte le classi sociali. Politicamente da destra a sinistra (ma anche in centro), geograficamente dal sud al nord , insomma la cantavano proprio tutti.

A distanza di 4 decenni “Lamette” continua ad avere il suo appeal, Non a caso Il trio de La Sad l’ha scelta nella serata delle cover a Sanremo come appendice del loro messaggio esistenziale portato con il manifesto “Autodistruttivo”.
E lo stesso pezzo di Rettore è manifesto, bandiera, simbolo di un urlo che va ben oltre una dimensione generazionale.
Lamette è di tutti.

Chi di noi non lo intona come un mantra nei momenti di difficoltà più o meno importanti, quasi a voler esorcizzare il disagio, la paura, lo smarrimento?
Lo sanno bene i maturandi e i laureandi alla vigilia del loro traguardo di studi.
Quel “dammi una lametta che mi taglio vene” sfida la legge della contemporaneità, le regole del tempo proprio per quel contenuto che aderisce al “qualsiasi tempo” della nostra vita portandosi dietro inoltre quel valore linguistico che appartiene, tanto per intenderci, ai proverbi, alle frasi tradizionali di un popolo.

Ultima prova di eterna modernità l’ha fornita l’amatissima Annalisa invitando, nella tappa del suo tour a Padova, proprio la Rettore per cantare insieme l’iconico brano.
E per i fans di entrambe le artiste è diventato già un momento cult, basti andare sulle fan pages (FB, Instagram, Tik tok, X) delle due beniamine.
La stessa Annalisa nel suo famosissimo brano sanremese cita nel testo “non mi sogno di tagliarmi le vene” .

Insomma se tanto ci dà tanto non cè neppure da scommettere sulla possibiltà che fra altrettanti 42 anni l’Italia si ritroverà nei locali, al semaforo, ai karaoke, o magari sotto la doccia a canticchiare quell’intramontabile “parlo già da sola e disegno nell’aria….”!