29 Aprile 2024

Zarabazà

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MILODIYA Piccola Antologia Della Canzone Sovietica



Ekaterina Barinova, Soprano
Gianni Ventola Danese,
Fisarmonica Diatonica
Musicisti Ospiti
Nina Rozhenetskaia, Fagotto, tracce 6, 14.
Natalia Nazarova, Violoncello, traccia 1.
Sergey Voronzov, Balalaika, tracce 2, 3, 5.
Manuel Trabucco, Sassofono, traccia 12.
Alexey Belosludtex, Clarinetto, traccia 11.
Evgeny Shendrikov, Tromba, tracce 8, 9.
Alex Buvay, Clavicembalo, traccia 14.



ACADEMY RECORDS annuncia il nuovo progetto artistico di Gianni Ventola Danese.
L’organetto protagonista di una nuova frontiera espressiva come non si era mai sentito prima d’ora, per una piccola antologia di capolavori inediti in Italia insieme al soprano Ekaterina Barinova.

Colonne sonore cinematografiche, canzoni tradizionali, struggenti romanze ispirate dalla tragedia della Seconda Guerra Mondiale, un mosaico di atmosfere e di linguaggi musicali che induce anche a riflettere sull’attuale situazione dei
rapporti tra Russia e Ucraina.


Milodiya è un progetto musicale, un inedito e affascinante viaggio nelle canzoni più popolari del periodo
Sovietico, per scoprire le loro storie, le origini e i filoni culturali di appartenenza.

Capolavori ancora poco, o per nulla, conosciuti al di fuori della Russia.
Come tutti i dischi di Gianni Ventola Danese, si tratta di un progetto di ricerca musicale ed interpretativa sulla Fisarmonica Diatonica, e in questo caso non solo dialogano tra loro differenti stili musicali, il folk, la musica
classica, il jazz, ma la Fisarmonica Diatonica, suonando sempre in una rigorosa scrittura contrappuntistica per
quartetto, compie un inedito passo verso la musica colta.
Una realizzazione musicale che, oltre alla voce di Ekaterina Barinova, una delle più apprezzate cantanti dell’attuale scena musicale russa, si avvale della collaborazione di alcuni musicisti di altissimo valore, quasi tutti provenienti dalla musica classica e dal jazz.
Il primo brano, una celebre canzone dedicata alla fisarmonica e ai fisarmonicisti, “Odinokaya Garmon”, funge
da prologo ed è un omaggio allo strumento protagonista di molte canzoni sovietiche e anche di questo
progetto. Gianni Ventola Danese ha scritto quasi tutti gli arrangiamenti per quartetto di fisarmoniche diatoniche.
Il progetto si dispiega successivamente su tre capitoli tematici, tre gruppi di canzoni che traggono la loro origine
e la loro ispirazione da tre differenti filoni culturali di riferimento: la Musica Tradizionale, la Grande Guerra
Patriottica e infine la Cinematografia Sovietica.


L’epilogo del percorso musicale coincide con un brano portato al successo da una delle poche artiste nate in
Unione Sovietica che durante quel periodo storico ebbe intensi rapporti artistici con l’Italia.
Un progetto che comprende anche un libretto di 24 pagine con la dettagliata storia di ogni canzone, l’origine,
il significato e la traduzione dei testi. Un disco che getta una luce su un meraviglioso e immenso repertorio
musicale che, infine, nutre la speranza che la problematicità dell’attuale situazione nei rapporti tra Russia e
Ucraina possa essere solo un incidente della Storia, data la simbiosi creativa tra queste due culture che si
evidenzia nella genesi di questi capolavori.

Anche per questa ragione, il progetto vuole tentare di rilanciare un messaggio di pace e di riconciliazione tra questi due popoli.
Struttura e brani contenuti nel progetto
Prologo. La Fisarmonica icona musicale

  1. Odinokaya Garmon, (Одинокая гармонь, trad. Fisarmonica Solitaria), 1946; musica, Boris Mokrousov; testo, Mikhail Isakovsky. La poesia originale, – di per sé un piccolo straniante affresco delle atmosfere letterarie russe, – descrive un’alba gelida, i focolari ancora spenti e una città che nella penombra aurorale indugia nel sonno, quando improvvisamente in questo scenario desolato irrompe un giovane fisarmonicista che, alle prime luci del giorno, suonando vaga per le strade alla ricerca di qualcosa che non potrà mai ritrovare.
  2. Questo testo attirò l’attenzione di Boris Mokrousov, – tra i più importanti compositori del periodo sovietico la cui produzione musicale fu connotata da una spiccata liricità (fu anche autore di svariate musiche da film) -, che la musicò trasformandola in una canzone che per tutti gli anni ‘40 e ‘50 rimase all’apice della popolarità.
  3. Fu poi il celebre cantante francese Yves Montand tra i primi a portare in Europa nel 1963 due successi di Mokrousov, Ami Lointain e appunto Odinokaya Garmon, ma a quest’ultima, dal momento che il testo originale russo venne giudicato troppo lontano dal gusto francese, venne dato il titolo di Joli Mai e un testo completamente nuovo, scritto da Chris Marker, dove l’alba livida e il giovane fisarmonicista solitario spariscono del tutto, sostituiti da un
    generico inno alla primavera, al maggio e alla fuggevolezza dell’amore.
    Capitolo I. La Musica Tradizionale. Interludio sonoro. Mikhail Rozhkov suona Коробейники.
  4. Kolokòlchik (Колокольчик, trad. Campanelli); testo e musica di Evgeny Dmitrievich Yuriev, 1882-1911.
    Della breve vita di Yuriev, morto a soli 29 anni, abbiamo una biografia piuttosto scarna.
  5. Poeta e compositore russo autore di numerosi romanzi, tra cui: Ehi, cocchiere, guida allo Yar, Perché amare,
    perché soffrire, figura quasi leopardiana nel panorama della letteratura russa.
  6. Nato a Vladivostok, fin dall’infanzia si distinse per una salute estremamente cagionevole, per cui i genitori non osarono
    mandare il ragazzino in un istituto scolastico, ma si limitarono all’educazione domestica, che si rivelò
    tuttavia molto solida.
  7. Nelle sue opere ci sono ancora tutti i temi classici del Romanticismo ottocentesco, “l’amore non corrisposto”, il “chiaro di luna” e la “corsa in troika” (il classico traino russo a tre cavalli) che dopo la Rivoluzione d’Ottobre saranno dichiarati “reliquia borghese”, per poi essere “riabilitati” nella cultura di massa sovietica solo nella seconda metà degli anni Cinquanta. Per qualche tempo si esibì insieme alla celebre cantante Anastasia Vyaltseva della quale si conserva la prima registrazione per grammofono di questa canzone.
  8. Qui sono protagonisti il chiaro di luna e in particolar modo il suono dei campanelli di una “troika”, quel suono “din din din” che ritorna ossessivamente nel testo della canzone e che risveglia un delirio nostalgico e sofferente nella donna che ha perso per sempre il suo amato, andato a nozze con una donna più giovane.
  9. Akh, Golubaya Noch! (Ах, голубая ночь, trad. Ah, Notte Azzurra!), canzone popolare russa.
  10. La cosiddetta “notte bianca” o “notte azzurra” è quel preciso fenomeno per cui nei mesi estivi nelle latitudini nordiche la notte sembra non arrivare mai e il crepuscolo si trasforma direttamente in alba.
    Questo è un tema ricorrente nella letteratura e nell’arte russa e funge da fondale narrativo and esempio nell’opera “Le notti bianche” di Fedor Dostoevskij, o ancora nella canzone Подмосковные вечера, “Notti di Mosca” di Vasilij Solov’ëv-Sedoj, canzone che peraltro nacque con il titolo “Notti di Leningrado”, l’attuale San Pietroburgo, dove il fenomeno è certamente più evidente che a Mosca, tuttavia il titolo fu cambiato per volere dalla commissione culturale sovietica.
  11. In questa canzone, per contrasto, il tema della notte azzurra incontra un altro tema frequente, quello della donna tormentata dalla delusione d’amore, come già visto nella canzone Kolokòlchik compresa in questo progetto.
    Quell’esclamazione iniziale, “Ah!” nel titolo descrive proprio lo stato d’animo della protagonista che piangendo di nostalgia inveisce contro la crudele bellezza del cielo stellato di una notte estiva.
  12. Zvite Teren (Цвите терен, trad. Prugnolo fiorito), canzone popolare ucraina.
  13. Gli arbusti spinosi, il prugnolo nel caso di questa melodia popolare ucraina, giocano un importante ruolo simbolico nella letteratura e nella poesia.
  14. Autori di varie opere utilizzano queste piante nelle loro narrazioni come simbolo di sofferenza, difficoltà e ostacoli, basti ricordare la ginestra di Leopardi, o il cardo di Queneau.
    La canzone Zvite teren non fa eccezione. Il testo di questa ballata una donna non è più sicura del suo amante, non è sicura che egli meriti i suoi sentimenti.
  15. Qui si inscena l’archetipo della sofferenza amorosa, l’insonnia, l’inappetenza, “Non voglio mangiare la sera/Non ho chiuso occhio”, nell’estenuante attesa che la persona amata ritorni, “mi siedo davanti alla finestra”.
  16. Tuttavia, durante la canzone avviene la presa d’atto e l’elaborazione della perdita, “Il mio tesoro è andato via/Per
    trovare un’altra” ed è in questa improvvisa rivelazione che il dolore si stempera per approdare a un
    pensiero consolatorio ormai slegato dalla vicenda personale che ricorda il dantesco “Amor, c’ha nullo
    amato, amar perdona”, ma qui ribaltato in chiave pessimistica, “Chi non conosce l’amore,/non conosce il dolore”.
  17. Verila Veriu (Верила, верила, верю!, trad. Ho creduto, ho creduto e ancora credo!), canzone popolare russa.
  18. Una antica canzone cosacca, nota popolazione guerriera proveniente dalle steppe russo ucraine, che ha origine probabilmente nel secolo XVI ma che viene trascritta ufficialmente solo a partire dal secolo XVIII e poi portata al grande pubblico nel Novecento arrivando a essere a inizio del XX secolo una delle melodie più conosciute popolari in tutto l’impero russo, ma non solo. La canzone appare anche nel film di Stanislav Rostotsky “Accadde a Penkov” del 1958 la cui trama dai tratti noir celebra l’amore e la dedizione femminile, tema ricorrente nella canzone romantica cosacca.
  19. È da notare come il testo di questa canzone contenga l’antica parola russa “toska” che non trova una traduzione esatta
    in altre lingue ma che in russo sta a significare un sentimento misto di tristezza, nostalgia, desiderio e inquietudine che lo scrittore Vladimir Nabokov definì come “una sensazione di profonda ansia spirituale ed emotiva che non ha una chiara origine”.
    Capitolo II. La Grande Guerra Patriottica. Interludio sonoro. 8 maggio 1945, Yurij Levitan annuncia la Vittoria sulla
    Germania nazista.
  20. Moskvichi (Москвичи, trad. Moscoviti), 1957; musica, Andrei Eshpai; testo, Evgeniy Vinokurov.
  21. La storia della canzone ruota attorno alla figura dell’ucraino Mark Bernes, forse il più celebre chansonnier
    sovietico per popolarità e successo, soprannominato il “Frank Sinatra” sovietico.
  22. Fu Bernes a leggere sulle pagine del mensile artistico “Il Nuovo Mondo” un ispirato e toccante sonetto del poeta Evgeniy Vinokurov, anch’egli giovane ex soldato, dedicato agli adolescenti mai tornati dalla guerra.
  23. Bernes sottopose il testo al compositore Andrei Eshpai, allora all’inizio della sua prolifica carriera artistica che
    oltre alle canzoni ci ha lasciato ben nove sinfonie, innumerevoli concerti, commedie musicali e sonate.
    Il giovane Andrei si sorprese del fatto che il testo contenesse molte coincidenze con la sua stessa vita: Via Bronnaya, la Vistola, suo fratello caduto vicino a Leningrado e l’inconsolabile madre che aspettò suo figlio fino al suo ultimo respiro. Bernes era noto per il suo carattere pignolo e perfezionista, ma quando Andrei si sedette al pianoforte e improvvisò il tema musicale, Bernes, inaspettatamente, lo accettò senza esitazione anche se continuò ad avere alcuni dubbi in merito all’efficacia testo per il quale avrebbe voluto un finale più magniloquente.
  24. Fu così che chiese allo scrittore Vadim Sikorsky di scrivere la famosa ultima quartina sul “mondo salvato”.
  25. La canzone cita due vie di Mosca, Via Piccola Bronnaya e Via Mokhovaya, dove abitano Seryozhka e Vitya, i due immaginari protagonisti della canzone.
  26. Siniy Platocheck (Синий платочек, trad. Il fazzoletto blu), 1939; musica, Jerzy Petersburskiy; testo, Mikhail Maximov. Qui si descrive il dramma degli amori spezzati dalla guerra, e il fazzoletto blu ne diviene il simbolo iconico. La musica della più celebre canzone sovietica sul tema della Grande Guerra Patriottica, così viene chiamata in Russia la Seconda Guerra Mondiale, fu scritta nel 1939 dal compositore polacco Jerzy Petersburskiy, allora direttore dell’orchestra “Blue Jazz” della Repubblica Sovietica Bielorussa, ma il testo della canzone cambiò molte volte negli anni.
  27. Fu dopo un concerto al Teatro Hermitage di Mosca, nel 1940, che l’autore polacco accettò di adottare un testo del poeta Yakov Galitskiy e, in questa versione, divenne una delle canzoni più famose del periodo prebellico.
  28. Lo scoppio della guerra non ne offuscò la popolarità e già nei primi giorni del conflitto, fu il poeta Boris
    Kovinev a scrivere nuove parole per la canzone. La nuova versione venne registrata nel 1942 dalla cantautrice Lidia Ruslanova e poi interpretata e resa popolare dalla voce della cantante ucraina Claudia Shulzhenko che, tuttavia, alla ricerca di un testo più patriottico, contattò il giornalista Mikhail Maximov che in una notte lo riscrisse. Era la mattina del 9 aprile 1942, alla Shulzhenko piacque molto e inserì stabilmente la nuova versione nel suo repertorio, legando per sempre la sua voce e la sua popolarità a questo brano.
  29. La sua tomba, nel cimitero degli artisti a Mosca, è perennemente adornata da un piccolo fazzoletto di seta blu.
  30. Akh, Eti Tuchi V Golubom! (Ах, эти тучи в голубом!, trad. Ah, Quelle Nuvole Nell’Azzurro), 2004; musica, Alexander Zhurbin; testo, Peter Sinyavsky. La storia di questa canzone è piuttosto singolare e trae la sua origine da una trilogia di romanzi pubblicati tra il 1993 e il 1994 dallo scrittore Vasily Aksenov intitolata “La Saga di Mosca”, la storia di una famiglia russa che attraversa il periodo dagli anni Venti fino agli anni Cinquanta.
  31. Nel 2004 si decise di produrre una serie televisiva di 24 episodi sulla base di quest’opera letteraria, e al compositore Alexander Zhurbin venne richiesta una canzone per la colonna sonora.
    Laureato in musicologia con una tesi sulle sinfonie di Mahler, Zhurbin ha al suo attivo oltre 50 colonne sonore di film e dal 1990 lavora tra Mosca e New York. Il compositore scrisse questo valzer che fu poi affidato alla voce di Kristina Orbakaite.
  32. Si tratta quindi una composizione moderna che rappresenta uno degli ultimi atti della celebrazione della Grande Guerra Patriottica, ma esiste una leggenda metropolitana secondo cui il compositore Alexander Zhurbin avrebbe ritrovato in un archivio una bozza della melodia risalente al 1942.
  33. Nulla di più falso, e fu lo stesso autore a confermare la non attendibilità di questa versione raccontando come la melodia fu scritta a New York e fu dettata per telefono ai produttori.
  34. Il testo invece, nonostante nel romanzo si faccia riferimento a una poesia sulle nuvole nell’azzurro, mancava completamente e fu affidato al cantautore e chansonnier Peter Sinyavsky..
  35. V Zemlyanke, (В землянке, trad. Nel Rifugio), 1942; musica, Konstantin Listov; testo, Alexei Surkov.
  36. La canzone, popolare già durante gli anni di guerra, nasce dalla vicenda personale del giornalista Alexei Surkov.
  37. Nel tardo autunno del 1941, come inviato di guerra nel villaggio di Kashino a Ovest di Mosca, si ritrovò coinvolto in un attacco da parte delle forze corazzate tedesche. Dopo una rocambolesca fuga verso le retrovie, attraversando il precario strato di ghiaccio del fiume Istra, lui insieme ad altri trovò riparo nel vicino villaggio di Ulyashino all’interno di una “Zemlianka”, un tipico rifugio parzialmente interrato occultato nella foresta.
  38. Al suo interno alcuni si rifocillavano, altri cedevano alla stanchezza, qualcuno per stemperare la tensione suonava la fisarmonica, mentre Surkov iniziava a scrivere una corrispondenza per che presto si trasformò nella poesia che divenne poi il testo della canzone, pubblicata ufficialmente il 25 marzo 1942 dopo essere stata musicata da Konstantin Listov, compositore ucraino di Odessa figlio di una famiglia di circensi, dal 1938 direttore d’orchestra al Teatro dell’Operetta
    di Mosca. V Zemlyanke divenne immediatamente popolare tra i soldati al fronte anche grazie alla registrazione della celebre cantante Lydia Ruslanova Tuttavia, nell’estate del 1942, sulla canzone fu dichiarato un divieto, le parole “non è facile per me raggiungerti, e la morte è a quattro passi da me” vennero considerate troppo disfattiste.
  39. Ad agosto, i dischi da grammofono con la registrazione della Ruslanova furono confiscati e quasi tutti distrutti. Al poeta fu consigliato di rimuovere i riferimenti alla morte, ma Surkov rifiutò sempre questa modifica Capitolo III.
  40. La Cinematografia Sovietica. Interludio sonoro. Voce di Nikolay Rybnikov, sequenza dal film Primavera in via Zarechnaya.
  41. Russkoye Pole (Русское поле, trad. Il campo russo), 1968; musica, Yan Frenkel; testo, Inna Goff. Frenkel, compositore sovietico, ucraino nato a Kiev, è una delle più importanti personalità musicali del periodo sovietico, ironico chansonnier dall’inconfondibile voce di basso che spesso si accompagnava al pianoforte anticipando quello stile che contraddistinse altri cantautori in epoche più recenti come, ad esempio, l’italiano Paolo Conte. La canzone, sul testo della scrittrice e poetessa ucraina Inna Goff, nasce come parte della colonna sonora del film “Le nuove avventure dei vendicatori in fuga” del 1969.
    La Goff dichiarò qualche tempo più tardi: “ho scritto questa poesia perché sono nata in Russia e amo il campo russo, quella sterminata distesa di terra dove le città sono come piccole isole nel mare”.
    Possiamo quindi parlare di una canzone patriottica che celebra in particolare il territorio sconfinato della Russia, la sua vastità, e per questo motivo fece discutere non poco il fatto che nella pellicola, in piena epoca sovietica, la canzone venisse intonata da una guardia bianca, quindi zarista.
  42. Ma qui si celebra anche il profondo rapporto dei russi con la propria terra alla quale si sentono radicati, come
    recita l’ultimo verso del testo della canzone. “io sono solo un tuo sottile filo d’erba”.
  43. Una canzone che è ancora oggi tra le più vive e popolari in Russia e che all’indomani del crollo dell’Urss venne addirittura presa in considerazione come nuovo inno nazionale della Federazione Russa.
  44. Kagda Vesna (Когда весна придёт, не знаю, trad. Quando Verrà La Primavera, Non Lo So), 1956; musica, Boris Mokrousov; testo, Alexey Fatyanov.
  45. La canzone è legata alle acciaierie ucraine, vediamo perché.
  46. Il film Primavera in via Zarechnaya del 1956, interamente girato presso l’Odessa Film Studio e nella città di Zaporozhye, sede di un’acciaieria, narra la storia d’amore tra, Sasha Savchenko, un operaio siderurgico e Tanya Levchenko, un’insegnante serale. Portò nei cinema oltre 30 milioni di spettatori e la canzone leitmotiv dell’intero film si guadagnò un’enorme popolarità che dura fino ad oggi tanto da essere considerata l’inno non ufficiale dei lavoratori metalmeccanici.
  47. Il testo venne commissionato ad Alexey Fatyanov, importante poeta russo che tra gli anni ’40 e ’70 lavorò insieme ad altri celebri musicisti quali, tra gli altri, Vasily Solovyov-Sedogo e Matvey Blanter.
  48. La pellicola verteva sui temi dell’amore, dell’amicizia e del lavoro, ma Fatyanov inizialmente scrisse un testo dove, per sua stessa ammissione, il tema del lavoro era in secondo piano, fu così che decise di recarsi personalmente
    sui luoghi del film e alla fine aggiunse l’iconica strofa “L’ingresso della fabbrica/Che mi ha portato nel mondo”.
  49. Ogni anno a Vyazniki, città natale di Fatyanov, si svolge un importante festival canoro e di poesia che si conclude sempre con l’esecuzione di questa canzone da parte del pubblico.
  50. Nel 2013, a Zaporozhye, fu inaugurato un monumento che ritraeva l’attore Nikolay Rybnikov nel ruolo di Sasha,
    ma la statua è stata distrutta solo un anno dopo da nazionalisti ucraini.
  51. Staryj Klion (Старый клён, trad. Vecchio Acero), 1961; musica, Alexandra Pakhmutova; testo, Mikhail Matusovsky. Alexandra Pakhmutova fu una vera e propria istituzione musicale, autrice prolifica in differenti stili musicali, insignita di numerose onorificenze statali, fu erede della tradizione della canzone sovietica nel solco di artisti quali Isaac Dunaevskij e l’ucraino Dmitry Pokrass. Staryj Klion, tuttora una delle canzoni più popolari in tutta la Russia, percepita ormai come una melodia tradizionale, fu scritta e utilizzata come il primo di due temi principali della colonna sonora del film Девча́та, “Ragazze”, del regista Yuri Stepanovich, insieme all’altra canzone dal titolo Хорошие девчатa, “Brave ragazze”.
  52. La fisarmonica, strumento iconico nella canzone sovietica, è qui protagonista, sia come voce principale nella versione originale, sia nella parte finale del testo. Gli incipit di ogni quartina della poesia di Matusovsky sono ripetuti per tre volte, creando il particolare effetto intimistico che contraddistingue questa canzone che, come molte altre canzoni della stessa autrice, anche in virtù della modernità della costruzione melodica, sono state reinterpretate da moltissimi artisti secondo diversi stilemi musicali, anche dalla rock band tedesca Rammstein, e qui la scelta di eseguirla secondo il canone stilistico della musica jazz.
  53. Vals Rasstavaniya (Вальс расставания, trad. Valzer D’Addio), 1965; musica, Yan Frenkel; testo, Konstantin Vanshenkin.
  54. Il film sovietico del 1966 Женщины, “Donne”, dove si descrivevano le vicende esistenziali di tre generazioni di donne, fu uno dei più grandi successi della cinematografia dell’epoca con oltre 40 milioni di spettatori solo nell’anno di uscita e dove tra gli attori ritroviamo il celebre Nikolay Rybnikov, già protagonista dieci anni prima del film Primavera in via Zarechnaya. Yan Frenkel fu chiamato dal regista Pavel Lyubimov a scriverne le musiche tra le quali è inclusa anche questa canzone su testo del poeta Konstantin Vanshenkin che, nonostante non abbia mai voluto scrivere poesie su
    commissione, in questo caso accettò e la pubblicò poi nella sua raccolta di poesie nel 1983.
  55. Nel film, la canzone è eseguita in duetto dagli attori Nina Sazonova e Pyotr Lyubeshki.
  56. È evidente come qui Frenkel si ispiri al valzer creolo sudamericano, rappresentato 10ad esempio dalle celebri composizioni per chitarra di Antonio Lauro.
  57. Il tema dell’addio, in tonalità minore, è innestato in una rigorosa struttura bipartita, come avviene peraltro nella Partida Venezuelana, uno dei più celebri valzer della tradizione creola dove il termine “partida” sta proprio a significare separazione, partenza, addio.
    Epilogo. Una Artista Sovietica a San Remo.
  58. Kolibelnaya (Колыбельная, trad. Ninna Nanna), 1980; musica, Arno Harutyunovich Babajanyan; testo, Anatolij Gorokhov.
  59. La canzone ha stretti legami con Armenia e Italia, sia per la nazionalità del suo autore Babajanyan, nato a Yerevan, sia perché il testo è una rielaborazione di una poesia di uno dei più celebri poeti armeni, Ashot Grashi, sia perché Anna German, la splendida voce che la portò al successo, fu una delle pochissime personalità artistiche nate in Unione Sovietica a superare la Cortina di Ferro e ad esibirsi regolarmente in Italia. Ha preso parte al Festival della Canzone Italiana di Sanremo nel 1967 con la canzone “Gi” (Amurri, Bongusto, Pallavicini), senza tuttavia arrivare in finale, ha lavorato in alcuni programmi televisivi tra i quali “Giochi in famiglia”, insieme a Domenico Modugno, si è esibita
    al Festival della Canzone Napoletana a Sorrento e sempre in Italia ha ricevuto l’Oscar della simpatia, un premio assegnato agli artisti più affascinanti.
  60. Da notare, infine, come la melodia della canzone sia evidentemente ispirata dalla Passacaglia in Sol minore di George Friederich Haendel.

  61. Bio.
    Ekaterina Barinova. Acclamata cantante della scena di San Pietroburgo, tra le voci più rappresentative dello stile e del timbro vocale popolare russo, Ekaterina ha una formazione classica e il suo repertorio spazia dall’Opera italiana, alla canzone leggera, alla musica folk e tradizionale, al musical fino alla canzone d’autore.
  62. Si esibisce regolarmente in Russia e all’estero dove ha svolto innumerevoli tournée.
  63. A San Pietroburgo tiene regolarmente concerti e recital, ricordando tra gli ultimi quelli tenuti nella Sala della Filarmonica di San Pietroburgo e quello presso la sala da concerto del Monastero di Aleksandr Nevskij.
    Gianni Ventola Danese. Personalità artistica di riferimento in Italia e all’estero per quanto riguarda la Fisarmonica Diatonica, ovvero “organetto” come anche si dice in modo colloquiale, la tipica fisarmonica a 21 tasti e 8 bassi diffusa principalmente in Europa ma non solo. Il maestro non solo svolge da anni un’intensa attività di divulgazione e di insegnamento, ma ha anche intrapreso un percorso di ricerca musicale che ha rinnovato il repertorio e la prassi di questo strumento avvicinandolo a repertori colti quali, ad esempio, il tango argentino, le musiche di Ennio Morricone e la canzone sovietica.