8 Maggio 2024

Zarabazà

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Umberto Canino, la mia musica, la mia infanzia e la mia vita

Cantautore palermitano, ma di adozione prima milanese e oggi romana. Umberto Canino è un artista eclettico e riservato, con una carriera di alti e bassi, che negli anni 2000, dopo un incidente, ha rischiato di essere compromessa. Un percorso artistico bloccato, nel momento in cui aveva conquistato la stima e la credibilità di addetti ai lavori, del pubblico e soprattutto, del suo padrino musicale Renato Zero e anche di altri big della musica italiana. Prima dello stop forzato, si parlava di lui come artista di rottura, la sua musica, la sua teatralità e quella ricercatezza di suoni e di immagini che lo hanno reso in breve tempo unico nel panorama musicale. Negli ultimi anni, oltre al suo ruolo da cantautore, Canino si è dedicato anche al lavoro di produzione. Lavorando così con diversi giovani artisti e diventando direttore artistico dell’etichetta discografica Rossodisera Records di Leopoldo Lombardi. Oggi, continua il suo percorso come artista sensibile, aperto alle nuove generazioni e legato ancora a temi di spessore sociale. Con La Ninnananna di Stefania Umberto ci ha parlato anche delle madri ucraine, mentre nel nuovo brano (di prossima uscita ndr.), racconterà le mamme sotto un altro punto di vista e attraverso la redenzione dei figli nei loro confronti. Un regalo per tutte le mamme del mondo.

Partiamo dalla tua storia personale: artista eclettico e stravagante, partito dalla Sicilia e approdato a Milano e Roma per fare carriera. Com’è stata però la tua infanzia?

Non ben vista e sicuramente non compresa. Nella mia famiglia si viveva di praticità e non c’era il tempo o la cultura per pensare ad un percorso artistico. La mia era una famiglia legata al fare e io mi sentivo infatti fuori posto. Tuttavia, mia madre mi ha capito, aiutato e seguito molto; invece, con mio padre c’è stato un rapporto più conflittuale, ma con il tempo l’ho capito. Anche perché, nei momenti di bisogno, mio padre c’era sempre.

Quindi un’infanzia non facile sotto il punto di vista artistico, ma un’infanzia che ti ha regalato una certa sensibilità…

Questa mia sensibilità nasce da quello che ho imparato. Quello che sono lo devo alle mie passioni, la musica, il teatro e la letteratura. La musica mi ha salvato. L’arte mi ha fatto capire quale fosse la mia strada.

Ti sei quindi sentito fuori posto nella tua gioventù, ma quanto è stata importante l’arte per l’uomo che sei oggi?

Oggi l’arte è il mio mestiere, ma all’epoca non fu facile provare a perseguire un sogno artistico. Mi sentivo un corpo estraneo in famiglia, con gli amici e in città. Venivo visto in modo stravagante e non venivo capito. Non è stato facile appropriarmi e imporre la mia personalità e la mia natura artistica.

Quando invece ti sei trovato a tuo agio in un posto?

Sul palco. Lì ho capito di stare in un luogo che mi apparteneva veramente. Sul palco ho trovato la consapevolezza per sentirmi a mio agio. Un’atmosfera unica e un vero luogo magico per me. Ogni volta che ci salgo mi sento bene e sto in pace con me stesso. Il palco mi ha fatto capire che c’era posto anche per uno come me.

Un rapporto importante con tua madre, ma è per questo che hai deciso di mettere le madri come protagoniste nel brano La Ninnananna di Stefania?

In qualche modo sì. Non ho avuto la fortuna di godermi appieno mia madre, anche perché dovetti abbandonare la Sicilia molto presto per provare questa mia carriera artistica. Di conseguenza non l’ho vissuta completamente, certo le occasioni per vederci non mancavano, ma forse mi è mancata quella quotidianità. Tuttavia, ogni volta che mi esibisco avverto la sua presenza. Quindi sì, questa volontà nasce da mia madre e dalle preoccupazioni di tutte le madri non appena un figlio abbandona la casa.

So che anche il tuo prossimo progetto riguarderà le madri…

Prima dell’incidente avevo iniziato a lavorare ad un progetto chiamato Nove Donne. L’idea era di trattare la figura della donna sotto diverse sfaccettature e come forma di riscatto. Ad oggi sono già fuori Chador, Salomè, La Ninnananna di Stefania e tra poco uscirà Non è Medea. Non è Medea è un regalo che faccio a tutte le madri del mondo, in particolare alle madri meno fortunate e quelle che hanno avuto una vita complicata. Tanto da non essere considerate dai propri figli. Il brano tenta così di offrire una redenzione tra figli e madri.

Sei sempre stato avanti, nelle sonorità, nelle scelte delle tematiche da raccontare e anche nel modo di vivere. In passato ti ha penalizzato, ma è per questo che oggi ti trovi bene a lavorare con i giovani?

Sicuramente sì! Con i ragazzi con cui lavoro si crea uno scambio artistico e umano. È stimolante lavorare con loro e confrontarmi con la loro freschezza. Questo rapporto che si viene a creare conferma che l’età è solo un fatto anagrafico e che si può essere giovani sempre. Inoltre, non si è troppo giovani o troppo maturi se ci sono delle idee. Ad esempio, mi sono divertito a lavorare con Sara Naldi e GionnyScandal in Iride e con il giovanissimo Lorenzo Sebastiano in Nulla è per sempre.

Invece c’è un consiglio che vuoi dare agli artisti più giovani che in qualche modo si trovano a dover convivere con ansia e stress?

Agli artisti di oggi manca la gavetta. Questo è il motivo per cui non riescono poi a gestire certe pressioni. Oggi, i cantati, vengono buttati in un tritacarne televisivo che non ammette stop o tempo per recuperare. Forse, per il mercato musicale odierno, dovremmo parlare più di un successo televisivo che discografico, ed è per questo che molti giovani non riescono a gestire la pressione di fare nuova musica ad un ritmo così incalzante. Quell’esigenza di apparire forzatamente e non di fare musica per comunicare veramente un qualcosa. Ecco perché molti artisti oggi hanno bisogno di staccare la spina.

Ci sono delle persone che ritieni di dover ringraziare per questo tuo ritorno alla musica?

In primis Dio, poi Franco Di Stefano che è stato uno dei miei primi produttori e Leopoldo Lombardi che è il presidente dell’etichetta discografica Rossodisera Records. Ci tengo a ringraziare anche El Centurion, che mi ha convinto a tornare a Roma per continuare il mio percorso e Tony Ciara mi storico collaboratore. Poi ci tengo a ringraziare la “Fuoriclasse Talent”, il mio giovanissimo amico Lorenzo Picco che con la sua giovane età mi ha stimolato a riprendere il mio posto e il mio caro amico e collaboratore Alex Lai. Infine, voglio a ringraziare il Tik Toker La Signora Gilda.