25 Aprile 2024

Zarabazà

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Un cinema innovativo che salva noi e l’ambiente

Si svolge a Torino, dall’1 al 6 ottobre, il “24° Festival Cinemambiente”. L’obiettivo principale è quello di testimoniare, nel modo più oggettivo possibile, i cambiamenti che la crisi climatica sta apportando al nostro mondo e alle nostre vite. L’evento nasce a Torino nel 1998 e proietta i migliori film-documentari internazionali sul tema, contribuendo alla promozione della cultura ambientale. Esso è fondato e diretto da Gaetano Capizzi ed è organizzato dall’Associazione CinemAmbiente in collaborazione con il Museo Nazionale del Cinema. Come riportato anche nel sito ufficiale, negli anni l’appuntamento è cresciuto molto, confermando l’idea che l’evento rappresenta uno dei più importanti momenti internazionali di lotta alla crisi climatica. Tuttavia, non ci si limita alla mera proiezione, ma si propongono anche dibattiti, incontri con gli autori, mostre e presentazioni di libri. La tutela dell’ambiente, insomma, si colora di diverse sfaccettature tali da permettere ad ognuno di contribuire al cambiamento “green”. Non può mancare la “sezione competitiva”: vi sono, infatti, due concorsi internazionali, uno dedicato ai cortometraggi e uno ai documentari. Tra i tanti registi, emerge Yann Arthus-Bertrand che è anche fotografo, ambientalista e giornalista di fama internazionale. Bertand ha ricevuto il premio “Movies Save the Planet” di questa 24esima edizione per il suo grande impegno nel cinema ambientale e per il suo ultimo capolavoro: “Legacy”, film di chiusura del Festival.
I film saranno soprattutto proiettati al Cinema Massimo in Via Giuseppe Verdi 18. Gli altri luoghi dell’evento sono il Circolo dei lettori, il Salotto Arcobaleno, la Mole e il Cinema Elios.

Importante l’intervento dello stesso Gaetano Capizzi, che ha parlato dell’importanza di sostenere tale tipologia di cinema. Egli, infatti, racconta come l’emergenza sanitaria abbia, purtroppo, rallentato lo sviluppo del cinema ambientale. La 24esima tappa, dunque, rappresenta un’edizione di “ripartenza” e ciò è testimoniato dall’alto numero di titoli iscritti alla manifestazione. Il tema principale sposato dall’associazione che si occupa dell’organizzazione è “Time for Change”. Questo claim non è un’esortazione a fare meglio ma la constatazione di una scadenza sempre più vicina: il punto di non ritorno! La transizione ambientale deve avvenire ORA, sostiene Capizzi. Inoltre, crede, il cinema ambientale ha già da tempo fatto dei passi avanti verso il cambiamento. I film, dunque, proiettano il già esistente e gli autori non sono che testimoni della crisi e del declino del mondo naturale. Cosa farà, allora, l’uomo?

Nel frattempo, per chi vuole anticipare la produzione dei film, è aperta gratuitamente all’interno della Mole la mostra “Il 5° elemento: Mostra fotografica Terma Festival Cinemambiente Torino, 1/6 ottobre 2021”, curata da Terra Project (un gruppo di fotografi fondato nel 2006 in Italia). La mostra, che rimarrà la stessa per tutta la durata del Festival, si focalizza sul 5° elemento: infatti, oltre i 4 elementi classici della natura (terra, acqua, aria e fuoco), viene efficacemente presentato quello che ne determina il destino, l’uomo. Da un lato, tale impostazione si rifà alla denuncia che lo stesso Festival porta avanti contro la cattiva gestione delle risorse da parte di “chi” le sfrutta. Dall’altro lato, invece, il riferimento all’uomo è utile per giostrare la narrazione e puntare dritto verso chi determina veramente il cambiamento. Chi può, infatti, cambiare le sorti del mondo? Nuovamente l’uomo. E non qualsiasi uomo ma colui che si mette in prima linea nella lotta per il cambiamento, ovvero “l’uomo di Terma”. Quindi, la mostra è una dialettica tra l’ambiente e foto di uomini che lavorano per la società.

Ma chi è Terna, main partner dell’evento? “Terna Driving Energy”, industria leader nel settore energetico in Italia, si occuperà della transizione ecologia ed energetica italiana per conseguire l’obiettivo europeo “Zero Emissioni entro il 2050”, avendo avuto l’approvazione del suo “Piano industriale 2021-2025, Driving Energy”. Per esempio, in Piemonte l’azienda investirà circa 370 milioni di euro per fornire una rete elettrica più moderna e sostenibile. Realizzando circa 145km di cavi interrati invisibili a zero impatto ambientale. Terna ha, dunque, un obiettivo e un’idea ben precisa, come si può leggere accanto alle foto della mostra: “L’energia non dorme mai. C’è chi, 24 ore su 24, ne garantisce qualità, continuità e sicurezza”.

La mostra è sufficiente ma molto efficace. La scelta dei colori è neutra (nero, grigio e bianco), poiché tali sono i colori del momento storico che stiamo vivendo: il cambiamento, infatti, deve partire dal singolo individuo e lo deve fare “senza corruzione”, in modo neutrale. Tale decisione deve partire da una consapevolezza forte e responsabile che porta ognuno di noi a dire: “adesso basta”!

Ovviamente, i film sono I testimoni del “massacro ambientale”. Per fare un esempio, i cortometraggi di sabato 2 ottobre raccontano in modo preciso ciò contro cui si combatte per la tutela dell’ambiente. Dalla strage degli allevamenti intensivi alla terribile constatazione del prosciugamento delle acque, raccontata in “Machine Age” e “Rising Tide” (regia di Sarah Stirk, il primo, e Ryan Stone, il secondo). Si passa, poi, ai racconti cruenti di “Murmur of Iceberg” di Un Sio San e “Pulse”, prodotto da Darya Kuznetsova. Quest’ultimo, in particolare, aggiunge alla terribile piaga “dello scioglimento” un altro probelma: la caccia intensiva. La regista, infatti, concentra la sua attenzione sullo scuoiamento degli animali. Tutti i cortometraggi si pongono le stesse domande: qual è il senso dietro a questo grande massacro? Perché l’uomo ha il diritto di uccidere e sfruttare le altre specie? A conclusione della rassegna, che continuerà con altri cortometraggi, nei giorni del Festival ad orari specificati, viene proiettato “La Forêt d’Ebo”. Tale “corto” ha l’obiettivo di evidenziare l’importanza di mantenere protetto un habitat ricco come quello d’Ebo, in Camerun. Qui si evince come, dalla natura non sfruttata, è possibile ricavare sostentamento, concludendo che lo sfruttamento non è necessario. Alle domande poste al regista e direttore Paolo Sodi, collegatosi via Zoom alla fine della rassegna, egli risponde: “volete sapere se vi sono differenze nella ripresa di tali tematiche tra un documentario, dove il tempo è più dilatato, e un cortometraggio? Ovviamente si, ma l’approccio è il medesimo. Si racconta una storia, con tempi più brevi, ma le emozioni e i messaggi sono gli stessi e sono veicolati allo stesso modo. È uno strumento, il cortometraggio, anche più difficile perché bisogna “rinunciare” alla voglia di voler diffondere tutto ciò che si prova nell’attimo della ripresa, e c’è veramente tanto da dire, ma i tempi sono inevitabilmente più brevi. Comunque, quando c’è da raccontare una storia noi ci siamo!

La scelta dei film di dare più importanza ai suoni, piuttosto che alle testimonianze, è una strategia efficace per arrivare direttamente al cuore del fruitore. I suoni della natura sono meravigliosi, ma allo stesso tempo maledetti. La sofferenza del mondo è palese. In particolare, ciò che rimane più impresso è lo sparo del cacciatore, in “Murmur of Iceberg”, che tra i suoni sereni del mare e degli uccelli all’improvviso irrompe sulla scena e “uccide la natura”. L’uomo, il quinto elemento del Festival, si fionda egoisticamente dentro la vita delle altre specie, appropriandosi di qualcosa che non gli appartiene!

di Emiliano Sgroi