27 Luglio 2024

Zarabazà

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UN’ESTATE A SUON DI TASTI

Dalla Garfagnana, terra di origine dei suoi avi, a Torino – città storica del tango – due speciali concerti e una poderosa biografia per celebrare in Italia il centenario del geniale artista argentino

Di Monica Nucera Mantelli

Fotografie: La Natura torna ad Arte

Nonostante la crisi dettata dalla pandemia, per il centenario della nascita di Piazzolla (1921 – 2021), il post lock down ha offerto ad oggi un certo fermento celebrativo nello Stivale italico. In onore del Bandeonista e geniale musicista argentino si sono levate una moltitudine di dita vibranti. Dita di musicisti che da sempre nutrono profonda devozione per questo straordinario compositore di origini italiane. Molti di questi, proprio durante la chiusura forzata hanno colto l’occasione per riarrangiare le sue partiture assoggettandole ai loro strumenti preferiti – accordeon (fisarmonica), pianoforte, chitarra, violino, viola, sassofono, contrabbasso, clarinetto, fagotto, percussioni etc – ed essere liberi di dar sfogo al loro plauso. E altrettante migliaia di dita si son archibugiate (metaforicamente parlando) a scrivere tributi, rimandi, saggi e memorie su questo uomo timido e testardo, inventivo e diretto, tenero e umorale, indomito e creativo, che ha saputo cogliere la bellezza da più generi musicali e infonderla in un codice espressivo unico.

Ma mentre scrivo mi chiedo se questa esaltazione di dita e di mani, riuscirà a dar pienezza del suo estro compositivo. Ed ecco che arriva “casualmente” la risposta. Scopro che c’è una persona oltreoceano che non si è persa d’animo e ha raccolto e proseguito per quasi un ventennio un cesello di informazioni preziose, alcune delle quali inedite! Ma come farò a raggiungerla? Il tempo mi è alleato e l’incontro avverrà in Italia, ma andiamo per ordine, per dar modo ai lettori di avere compiutezza di tutta l’avventura.

Dunque, come molti sanno, dall’11 marzo scorso, data della nascita di Piazzolla, una miriade di giornalisti, scrittori, critici, storici, intellettuali e appassionati di tutto il mondo ha alacremente pigiato le tastiere di computer e macchine da scrivere per esaltare lo spirito di chi dichiara “Creo en la vanguardia, en la liberdad, en la rivolucion”* (A. Piazzolla, 1983). Così, chi scrive ha fatto in fretta e furia una valigia e si è concessa il mese di luglio per andare a conoscere una grande Argentina DOC, autrice di una nuova e ricca monografia su El Gato, raggiungendola dal Piemonte attraverso Carrara e Massa, site sulle piane marine del Tirreno. Una traversata affascinante per raggiungere il cuore della Garfagnana, passando da sud ovest dal mare – e non da Reggio Emilia e Modena, site sulle pianure padane dal lato opposto ai piedi a nord dell’Appennino – indugiando poi con una tappa prolungata fino a incrociare la Via del Volto Santo che si congiunge alla nota Via Francigena partendo da Aulla (Pontremoli) e riunendosi poi a Lucca.

Un viaggio picaresco, passando per queste città che se guardano a naso in sù verso l’alto, incrociano – le prime due a nordest – le aspre e candide Apuane, e le seconde, a sudovest, i montuosi e alti colli appenninici che dominano le piane padane. Già solo questo ci deve far pensare a quanto sia ricca di reminiscenze geomorfe, profumi e sapori antichi la terra che ci apprestiamo ad attraversare.  E quanto, proprio questa terra che scorre nelle vene degli avi di Astor, grazie alla provenienza d’origine di una parte della sua famiglia, possa essere stata di ispirazione immaginifica nella memoria genealogica di questo artista. Non lontano da qui, tra i due bastioni montani delle Apuane e dell’Appennino, scorre anche il fiume Serchia, di vigorosa potenza evocativa e già presente nella storia profonda della Lucchesia.

In queste terre il paesaggio poggia su tratturi e strade, prima dritte a salire verso i rilievi, sui quali una fitta ragnatela fatta di trame e orditi – tra rocce e verzure – quasi come percorsi che vogliano ammansire le pareti verticali, tentando di illudere chi le percorre, nello sforzo di raggiungerle. Un intrico indomabile che pare proprio nello spirito ribelle di Piazzolla, che la Garfagnana trasforma in un dedalo simile a certe composizioni dell’Autore, forse atte a prendendosi gioco di chi la percorre, in un mondo sempre più abituato alla fretta e a sapere in ogni istante dove si è.

Qui in Garfagnana non c’è tregua, qui l’abitudine è quella di perdersi e lasciar scorrere il tempo – come ci dice la tenutaria del ristorante La Baita dell’intimo borgo di Corfino – “Qui anche il tempo smette di correre”, passando sempre più lentamente da un secondo all’altro. Ne sono convinti anche Davide e Francesca, titolari del curatissimo albergo diffuso La Pietra Antica, che pur tra rifugi, camere e appartamenti non saltano un giorno per presidiare il loro amato territorio.

Tornando alla storia degli avi del nostro protagonista, dovete sapere che tra le molteplici storie di immigrati europei che qui hanno radici, ci sono quelle di due famiglie italiane emigrate poi a Mar de la Plata in Argentina. La prima proveniente appunto dalla Garfagnana, dove la Liguria non è più Liguria e la Toscana non è ancora Toscana. La seconda da Trani, cittadina pugliese di antichi splendori. A metà Ottocento queste località avevano in comune la povertà, diffusa senza misericordia ad una larga fetta della popolazione, che comunque non si piegava alla rassegnazione.  Così anche la famiglia Manetti – i cui genitori, Luigi Manetti e Clelia Bertolami (pastori e contadini) – dopo aver vissuto ed essersi sposati nel piccolo borgo dell’Appennino Tosco-Emiliano di Massa Sassorosso (frazione del Comune di Villa Collemandina), emigrarono alla ricerca di prospettive migliori – dando poi luce alla loro brunetta figlia Asunta, la futura mamma di Astor, nell’ Eldorado sudamericano.

Di questo e di molto altro tratta il libro che l’autrice Maria Susana Azzi ha pubblicato in traduzione italiana con il titolo “Astor Piazzolla Una vita per la musica” grazie all’ editore livornese Sillabe. La casa editrice Sillabe è impegnata da anni nella divulgazione e valorizzazione dell’arte in tutte le sue forme e i committenti più illustri vanta il Museo Stibbert di Firenze, i Musei Vaticani, il Conservatorio “Pietro Mascagni” di Livorno e il Conservatorio “Luigi Boccherini” di Lucca. Susana Azzi è infatti socioantropologa e studiosa di successo, nonché profonda ricercatrice delle radici migratorie da e verso l’Argentina. Inoltre suo nonno era di Castelnuovo Garfagnana come del resto lo era la nonna di Astor Piazzolla. Un pedigree perfetto.

Dalla sua biografia apprendiamo che per il famoso ballerino argentino Juan Carlos Copes, Piazzolla significò per l’Argentina “ciò che i Beatles (furono) per il mondo” (pag 137). Di certo, il suo “mischio di generi” come spiega bene lei durante l’intervista che mi concederà per la rubrica IN PUNTA DI TANGO sul portale Faitango, gli ha permesso di sviluppare uno stile inconfondibile.

Il tango, secondo Piazzolla, non doveva limitarsi “agli standard di una tradizione permanente”. Era ora di gettare al vento gli stereotipi del tango canzone di un tempo – ” il fazzoletto, la daga e il lamento sterile”. (pag 140), e mescolare le carte. Tante sono state le commistioni musicali amate dal Compositore, e in particolare il Jazz di cui “ne coglieva l’espressione, rilevava il ruolo giocato dal lavoro strumentale degli interpreti e il senso di premura e di urgenza che trasmettevano i primi e frenetici assoli del be-bop che negli anni 40 giungevano a Buenos Aires su dischi di gommalacca”. Ma altro del libro non vi cito, perché val davvero la pena comprarselo e goderselo pagina dopo pagina.

A ogni buon conto l’evento di presentazione del volume si è preannunciato ricco sin dai cartelli di accesso al “Paseo” di Massa Sassorosso. Entrando nel cuore della cittadina si è apprezzata l’atmosfera gioviale delle persone dedite all’accoglienza – una tra tutte, Martina Moriconi – e la bella mostra diffusa dedicata alla famiglia Piazzolla, il tutto condito da una calura ventilata e da alcune note di prove del concerto a seguire nella chiesa di S. Michele Arcangelo.

L’evento è stato di vero e proprio edutainment – ovvero sia di educazione che di intrattenimento – a partire dai testi raccolti nei bei depliant che citavano come agli inizi del ‘900 l’Argentina fosse un paese in crescita e pieno di opportunità, mentre l’Italia attraversava uno dei momenti più difficili della sua storia. I transatlantici che salpavano alla volta del Nuovo Mondo si riempivano di giovani che dall’Appennino che partivano verso le Americhe alla ricerca di un futuro. Da Massa Sassorosso sono appunto emigrati Clelia Bertolami e Luigi Manetti, nonni di Astor e genitori di Asunta Manetti, amatissima mamma di Astor. Apprendiamo anche che i legami tra Massa e Mar de la Plata sono sempre stati molto forti. Da secoli nei borghi d’Appennino le persone sono abituate ad incontrarsi tutti i giorni e condividere tutto quello che succede: mantengono questo modo di vivere di comunità anche quando un oceano li separa. Sono legami che vivono attraverso la posta, che porta avanti indietro attraverso l’oceano lettere, ricette, cartoline e foto che testimoniano la cultura contadina dell’epoca.

A inizio della presentazione giungono i saluti dell’Unione dei Comuni della Garfagnana, quelli dell’onorevole Fausto Giovannelli, Presidente del Parco nazionale dell’Appennino Tosco Emiliano e della Fondazione Astor Piazzolla con Gabriella Boccia e Laura Escalada. Dorino Tamagnini ex sindaco di Massa Sassorosso ricorda come i fratelli Bertolami, costruttori, andavano a Mar de la Plata a fare le vacanze. Ma lo scoop arriva dal sindaco di Villa Collemandina, Francesco Pioli, che progetta il gemellaggio con Trani, città di origine del papà di Astor Piazzolla (Vicente) e sogna di creare il museo di Astor Piazzolla nella casa dei suoi avi, insieme agli Orizzonti Circolari (progetto dedicato ai figli degli argentini di seconda e terza generazione) del ParcoAppennino nel Mondo, programma promosso dal Parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano e gestito dall’Unione Comuni Garfagnana.

Ci si addentra poi nel dettami del libro scritto dalla Azzi, che con passione e  ampiezza di dettagli narra la vita del grande artista. Nei molti capitoli del corposo volume si ritrovano vere chicche: piccoli e grandi “segreti” dell’artista ricavati da interviste a parenti, musicisti, amici, personaggi famosi dell’arte, dello spettacolo e della cultura. Sono ben 260 i personaggi coinvolti, con testi di Yo-Yo Ma, Al di Meola, Gidon Kremer, Daniel Piazzolla, Richard Galliano e altri. Si tratta di camei straordinari: restituzioni preziose di frammenti di vita privata e pubblica che offrono nuove dimensioni del rivoluzionario istrione. Del calembour di personaggi ascoltati, oltre 60 (inclusa Milva) sono già deceduti. Si tratta pertanto di un volume irripetibile con testimonianze di Grandissimi che hanno interagito con Piazzolla. L’opera detiene anche un apparato iconografico con immagini provenienti da archivi importanti. Un lavoro encomiabile patrocinato non a caso dalla Fundación Astor Piazzolla. A riguardo segnaliamo inoltre che quando Laura Escalada Piazzolla, seconda moglie di Astor e presidente della fondazione Astor Piazzolla, ha raggiunto Massa Sassorosso, ha intitolato una piazza Largo Piazzolla e ha ricevuto la cittadinanza effettiva del Parco nazionale.

Va detto infine che il “Festival Piazzolla” all’interno del quale è inserito l’appuntamento si è reso possibile in virtù della stretta collaborazione tra amministrazioni locali, istituzioni culturali e associazioni. E non da meno con il forte contributo dei musicisti riuniti nel progetto, come ad esempio Il Quintetto Italiano di Fisarmoniche, che la scrivente ha avuto il piacere di ascoltare sempre domenica 11 Luglio in occasione della loro briosa esecuzione dedicata a  “Cento Anni di Astor Piazzolla”. Il Quintetto si è consacrato allo studio ed elaborazione dei brani del repertorio più composito del musicista, dove le influenze di Stravinsky e Bartòk si sono rese ancor più evidenti (specie nei due estratti da Ballet Tango: Cabaret e Finale),e ha eseguito con grande afflato alcuni tanghi tradizionali di Piazzolla tra cui un allegro S’il vous plait, senza dimenticare dei brani evergreen come Escualo, Adios Nonino, Oblivion, e naturalmente Libertango, peraltro seguito da una meritata standing ovation.

A Ivano Battiston docente di fisarmonica presso il Conservatorio Statale di Musica Luigi Cherubini Firenze, Endrio Luti docente di fisarmonica presso il Conservatorio Statale di Musica Giacomo Puccini di La Spezia, Riccardo Centazzo docente di fisarmonica presso il Conservatorio Statale di Musica Licino Refice di Frosinone, Massimo Signorini docente di fisarmonica presso il Conservatorio Statale di Musica  Domenico Cimarosa di Avellino, Antonio Saulo diplomato in Biennio specialistico presso il Conservatorio Cherubini di Firenze, va il merito della commozione scaturita nella cospicua platea all’aperto, nonché il plauso per continuare a studiare insieme pur separati da molti chilometri di distanza geografica. “ – spiega il Maestro Battiston, Prima Fisarmonica – Il nostro impegno è profuso nell’ amalgamare cinque anime diverse e di trovare il tempo per provare, essendo tutti super impegnati e provenienti da diverse parti della Toscana e Liguria! Il nostro obiettivo non è tanto quello di suonare nelle Milonghe ma “evitare” l’omogeneità tipica delle esecuzioni tanghistiche italiane e cercare di avvicinarci più possibile allo stile di Piazzolla, nonostante il fatto che i nostri strumenti non siano filologici. Ma, come diceva il critico Paolo Isotta, non è lo strumento che fa il concerto!” A malincuore, dopo tanta appassionata atmosfera, ci si è affettuosamente salutati tutti, e si è ripartiti per il Piemonte.

Fortunatamente il 28 Luglio è stata la volta di un nuovo incontro con la musica piazzolliana. Questa volta a Torino, città da decenni dedita alla pratica del tango e con una fervida storia di incroci jazzistici con il genere popolare, il blues e la classica. Questa volta siamo stati accolti sullo sfondo di un bel cortile d’epoca, raffinatamente illuminato con lucerne e candele. Si è presentato sul palco estivo di Palazzo Falletti di Barolo, dopo 6 anni di silenzio, il sestetto Renaceró, fondato dal maestro Ugo Viola 25 anni fa. Con lui alla volta della fisarmonica, Marco Viola al violino, Maurizio Fornero al pianoforte, Valentina Fornero al violoncello, Giuseppe Calcagna al contrabbasso e Valerio Signetto al sassofono e clarinetto.

Tra lo scalone e le arcate della dimora patrizia il front man dell’ensemble ci ha sorriso sornione. Abbronzato e di buon umore nella sua sgargiante camicia “latte e menta”, non poteva non essere orgoglioso di ripresentarsi al pubblico dopo così tanto tempo, concludendo in modo trionfale la neo rassegna “In villeggiatura a Palazzo”. Ci siamo seduti diligentemente, curiosi di ascoltare il loro personalissimo “Omaggio ad Astor Piazzolla” mentre gli Organizzatori offrivano ai visitatori un assaggio di Santa Brigida, una deliziosa birra home made.

Poco distanti ancora in corso i suoni dei legni in prova, mentre nel cielo cosparso dall’ora blu sorvolavano i gabbiani estivi, di cui questa città, con il suo generoso corredo di fiumi è diventata punto di approdo. Con l’energia frizzante che lo contraddistingue è giunto anche il jazzman Valerio Signetto che ha falcato la location in camicia bianca e aria sbarazzina. Abbiamo avuto ancora il tempo di leggere il programma di sala, che includeva brani come Concierto para quinteto, Close your ice and listen, Summit, Inverno porteno e Milonga del Angel, e annotato con interesse la segnalazione degli arrangiamenti musicali realizzati ad hoc da Giuseppina Perrone, Andrea Ravizza e Valerio Signetto.

Ci guardiamo intorno: troneggia, centrale sul palco, un nero pianoforte a coda Fontana che risulterà essere in formazione vincente durante l’esecuzione. Accanto agli strumenti, tengono rispettosa compagnia tre sedie di velluto rosso provenienti dalle sale auliche del prestigioso Palazzo sede dell’Opera Barolo, noto per la sua pia missione sociale. Alle 21.35, di nero vestiti, gli artisti sono on stage. Una piccola fetta del gotha del tango, del jazz e della classica li accoglie silenziosamente tra gli sguardi di poco meno di un centinaio di persone. Mi compiaccio della preponderanza di parterre femminile, forse più proveniente dal mondo dei salotti torinesi, e qualche sparuta tanguera che si tradirà più avanti, muovendo ritmicamente il piede ornato di scarpa con tacco a rocchetto.

Durante il concerto Ugo Viola tiene banco e padroneggia con sapiente goliardia i tasti della fisarmonica, mentre Marco Viola al violino è immerso in uno stile impeccabile e gli si perdona volentieri qualche distonia dello strumento, facilmente giustificato dalla grande umidità della serata. Signetto, mantiene come sempre il suo aplomb professionale nonostante l’assalto delle zanzare, e stiletta amabilmente tra clarinetto e sax, superando la calura estiva con vero spirito di sacrifico. Il pianoforte di Maurizio Fornero raggiunge momenti sublimi in Adios Nonino mentre il contrabbasso di Giuseppe Calcagna e il violoncello di Valentina Fornero si ricongiungono perfetti in ogni brano e con grande equilibrio, amalgamando tutta la strumentazione e sorreggendo l’impalcatura espressiva dell’interpretazione corale. Infine arriva il tempo dell’atteso Oblivion introdotto da tre soli strumenti (fisa, sax e contrabbasso) a dimostrazione che la composizione funzionare magnificamente anche così.  E tra i bis, l’immancabile Libertango viene eseguito in assolo da Ugo Viola. L’energia è alta, l’entusiasmo pure. Ci si dispiace solo che il cortile non fosse stato dieci volte più grande per concedere a una più larga fetta di appassionati di accedervi. Un luglio piazzollliano che di certo non dimenticheremo. Ma la sete per Astor rimane, e confidiamo nelle proposte dei prossimi mesi a seguire.