
Tra i diversi approcci interdisciplinari sviluppati per affrontare l’interrogativo “Com’è possibile costruire una società?” o “Come si struttura un ordinamento politico-sociale?”, spicca per originalità e profondità la Teoria e analisi dei meccanismi istituzionali del sociologo culturale Karl-Siegbert Rehberg. Questa teoria si propone di analizzare gli institutio all’interno degli Ordnungsarrangements, non limitandosi a descrivere le procedure formali dell’agire organizzato, ma mirando a cogliere l’insieme di rappresentazioni e pratiche che caratterizzano storicamente le diverse configurazioni politico-sociali.
In tale prospettiva, il concetto di “costituzione” non si riduce a un testo normativo, ma assume il significato più ampio di dispositivo costituzionale situato in una specifica dimensione storica. Tale dispositivo si distingue, per concretezza di presupposti ed effetti, da altre forme istituzionali d’ordinamento, come, ad esempio, la struttura delle corti nella prima età moderna. La tesi di fondo è che la “costituzione” debba essere interpretata come una risposta storicamente situata alle condizioni di possibilità della società politico-sociale. Ciò richiede uno sguardo rivolto ai presupposti storici che hanno reso tale risposta possibile.
In questa ottica si propone una breve ricostruzione dello sviluppo del costituzionalismo intorno al 1800, con particolare attenzione al contesto tedesco. Il costituzionalismo si afferma nell’alveo dell’Illuminismo europeo, alla fine del XVIII secolo, in parallelo con le rivoluzioni americana e francese. Tuttavia, una lettura che elevi questi eventi a modelli archetipici rischia di trascurare la varietà dei contesti e delle dinamiche. Come ha osservato Hans Boldt, l’emergere del costituzionalismo va ricondotto a una crescente esigenza di regolamentazione della società moderna e a una maggiore domanda di gestione politica, esigenza che, in termini sistemici, riflette la differenziazione tra le sfere del diritto e della politica — un tema centrale anche nella teoria di Niklas Luhmann.

Tale necessità di regolazione non fu esclusiva di Francia e Stati Uniti. Entrambe le esperienze si inscrivono in un più ampio quadro europeo segnato dalla disgregazione dell’Ancien Régime, attraversato dalle rivendicazioni delle nuove élite — i notables in Francia, le middle classes in Inghilterra, i gebildete Stände in Germania — che chiedevano libertà politica e uguaglianza giuridica, e dalle manovre dei governi monarchici, intenti a recuperare margini di azione per fronteggiare la crisi fiscale. Da questa convergenza di interessi nacque un’alleanza tra monarchia e nuove élite, basata sull’idea che la riforma dell’ordinamento fosse indispensabile per superare la crisi del vecchio sistema.
Secondo l’impostazione sistemica di Luhmann, il costituzionalismo rappresenta un novum storico: un processo di differenziazione giuridico-politica che segnò il passaggio dall’Ancien Régime a una nuova forma di integrazione sociale, denominata “società neocetuale”. Quest’ultima costituisce una specifica configurazione storica di transizione tra il vecchio ordine politico e la società di classe che si sarebbe affermata con la Rivoluzione Industriale, a partire dagli anni Trenta dell’Ottocento. In questo contesto, la Costituzione assume un ruolo centrale: da un lato come nucleo istituzionale dell’ordinamento politico-sociale, dall’altro come elemento di un costituzionalismo amministrativo emergente.
Intorno al 1800, la “costituzione” diviene oggetto di dibattiti su riforme, resistenze e rivoluzioni. Diventa così la Leitdifferenz (differenza guida) istituzionale di un’intera epoca. Questo primato della Costituzione non va inteso solo in senso giuridico, ma come principio strutturale. Ne troviamo conferma nell’articolo 13 dell’Atto Costitutivo della Confederazione germanica del 1815, che stabiliva: “In allen Bundesländern wird eine landständische Verfassung stattfinden” (“In tutti gli Stati membri si terrà una costituzione rappresentativa degli stati territoriali”). Secondo Hartwig Brandt, questa “formulazione sibillina” esprime un doppio principio: da un lato, l’accordo sul primato strutturale della Costituzione come strumento d’integrazione della società neocetuale; dall’altro, la coesistenza di approcci differenti alla sua organizzazione — tra una versione riformata della vecchia costituzione di tipo corporativo e una nuova concezione rappresentativa, più vicina ai principi emergenti.
L’articolo 13 rappresenta, come suggerisce Carl Schmitt, un classico esempio di “compromesso dilatorio di formula”. Parallelamente, la “costituzione” assume anche una funzione autodescrittiva per il sistema politico-sociale, diventando il centro simbolico e normativo — persino civico-religioso — della società neocetuale. È attraverso la costituzione che la nazione può emergere come soggetto politico collettivo. Il suo ruolo va oltre la mera istituzionalizzazione dei rapporti di potere tra monarchia e Landtage (i parlamenti regionali). Il costituzionalismo, infatti, si configura come un ordinamento giuridico ispirato a una vera e propria “filosofia del costituzionalismo”, fondata su riflessioni giusnaturalistiche circa i presupposti pre-politici dell’ordine costituzionale.
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