
Napodano
C’è qualcosa di profondamente umano in Memorie di un Ratto, anche quando parla di animali. O forse proprio per quello. Il libro di Daniele Napodano – cantautore errante, padre ironico, emigrato irrisolto e osservatore di rovine quotidiane – è un collage narrativo pieno di sarcasmo, malinconia e riflessioni da caffè lungo, quelli che si bevono guardando la pioggia fuori e cercando di non impazzire dentro.
La scrittura è tagliente ma mai compiaciuta. A volte comica, a volte bruscamente cruda. Una confessione in forma di flusso, divisa in capitoli brevi e feroci, che parlano di tutto: la noia, l’abbandono, il Natale, l’invidia, il karma, la pizza, i bambini, la delusione, i denti che cadono. Ogni tema apparentemente leggero è un veicolo per scavare più in fondo.
Il tono è spesso autoironico, ma non è mai una posa. Quando Napodano scrive “la mia fede si regge in equilibrio come un neonato su un monociclo”, non cerca la battuta a effetto. Ti mostra un modo sbilenco di stare al mondo, e forse anche un po’ il tuo.
L’idea del ratto – e della società alternativa che rappresenta – è forse il gesto più poetico del libro. In un mondo che idolatra l’apparenza, il ratto è quello che non si pettina per piacere. Vive, si prende cura degli altri, non aspetta l’applauso. Una metafora che regge bene e non ha bisogno di essere spiegata oltre.
Ci sono capitoli che colpiscono duro. Ciccio sa volare è una canzone travestita da racconto, un piccolo pugno allo stomaco sull’adolescenza e il bullismo. Quando cade un dente è struggente senza diventare patetico. La mia invidia è una confessione scomoda scritta con la leggerezza di chi sa ridersi addosso. E poi ci sono le “trilogie natalizie”, che non fanno sconti a nessuno, né alla retorica delle feste né alla nostra ipocrisia ben impacchettata.
Se vogliamo cercare il pelo nel ratto: non tutto ha la stessa forza. Alcuni passaggi si allungano su riflessioni già sentite, il tono sarcastico ogni tanto prende il sopravvento sulla sostanza, e qua e là il ritmo si appiattisce, come se lo sfogo avesse preso il sopravvento sul montaggio. Ma è una sbavatura umana, coerente con lo spirito del libro: quello di uno che non cerca la perfezione, ma la sincerità.
Memorie di un Ratto non è un libro per chi ama le frasi da sottolineare con l’evidenziatore Instagram. È un libro per chi sa che ridere è una forma di resistenza, che la malinconia non è sempre una malattia, e che anche un roditore può insegnarti qualcosa sul senso dell’esistere – o almeno del sopravvivere – senza diventare un personaggio Disney

Altri articoli
Esce “Mephisto Walzer”, il nuovo romanzo di Stefano Sciacca: un noir sinfonico tra musica, fotografia e ricerca interiore
Manuela Chiarottino e Bea, l’amata gatta investigatrice, tornano con nuove avventure per bambine e bambini dai 6 ai 10 anni
“Lui” arriva in libreria: la voce poetica di Viviana Viviani fotografa la dimensione metropolitana, fluida e postmoderna del nostro tempo