
Nelle società moderne, soprattutto in quelle più industrializzate, le malattie cardiovascolari rappresentano una delle principali cause di morte e a livello globale, si stima che il 30% della mortalità totale sia attribuibile a cause cardiovascolari. Si, è effettivamente un dato impressionante, che riflette quanto questo problema sia diffuso e radicato, spesso in modo silenzioso ma costante: infarto, ictus, morte improvvisa, quegli eventi gravi, spesso con sintomi non allarmanti e che raramente accadono per puro caso.
Oggi sappiamo con certezza che sono frutto di una combinazione di fattori noti, modificabili e non, che agiscono nel tempo, logorando lentamente il nostro sistema cardiovascolare.
È in questo contesto che assume un ruolo centrale la sindrome metabolica, una condizione clinica caratterizzata da una serie di alterazioni metaboliche — come ipertensione, glicemia elevata, eccesso di grasso addominale e alterazioni del profilo lipidico — che, se presenti insieme, aumentano in modo significativo il rischio di sviluppare patologie cardiovascolari.
Non è una malattia in sé ma, specialmente se si conduce una vita sedentaria e si sta poco attenti a dieta e movimento, è davvero da considerare ‘una trappola’ per la salute.
- Il rischio cardiovascolare e i suoi meccanismi
Parlare di rischio cardiovascolare significa riferirsi principalmente al processo di aterosclerosi, cioè l’accumulo di placche nelle arterie che progressivamente ne riduce il calibro, fino a bloccarlo.
A seconda di dove si colloca la lesione aterosclerotica, le conseguenze cambiano: se l’ostruzione avviene nelle coronarie, si può andare incontro a un infarto del miocardio, se coinvolge i vasi cerebrali si parla di ictus o se colpisce le arterie periferiche, si può sviluppare un’arteriopatia ostruttiva periferica.
In tutti questi casi, le conseguenze sono gravi, spesso irreversibili, e possono mettere a rischio la sopravvivenza o compromettere in modo importante la qualità della vita.
Il rischio non è uguale per tutti e non si sviluppa in modo casuale ma esistono fattori di rischio noti che predispongono a questi eventi: alcuni non possono essere modificati come l’età e la familiarità ma altri, invece, sono strettamente legati allo stile di vita e sono quindi controllabili. Tra questi ultimi rientrano l’ipertensione arteriosa, la dislipidemia, il diabete di tipo 2, l’obesità addominale, il fumo, l’abuso di alcol e, soprattutto, la sedentarietà.
- La prevenzione si gioca su più livelli
Affrontare in modo efficace il rischio cardiovascolare richiede un’azione su più fronti_ non basta lavorare solo sull’alimentazione o affidarsi a degli integratori e fermarsi a questo, ma serve un impegno costante su dieta, attività fisica, monitoraggio dei valori pressori e metabolici, gestione dello stress e consapevolezza dei segnali di allarme, tutti insieme.
In questo senso, la sindrome metabolica diventa un indicatore prezioso: non va ignorata, ma vista come una chiamata urgente al cambiamento.
Approfondire questi aspetti, anche dal punto di vista biochimico e laboratoristico, può aiutare a prevenire patologie ancora prima che si manifestino. In quest’ottica, risulta utile esplorare contenuti come quelli proposti nel corso sull’assetto lipidico, funzionalità renale ed epatica, https://www.scuolanutrizionesalernitana.it/corso/assetto-lipidico-funzionalita-renale-ed-epatica-lab-I1HO che aiuta a comprendere meglio le connessioni tra metabolismo e salute cardiovascolare.
- La pressione arteriosa e il ruolo del movimento e dell’attività fisica
L’ipertensione è una delle principali minacce per il cuore e le arterie, la soglia oltre la quale si parla di ipertensione è fissata a 140/90 mmHg e al di sotto di questi valori, e più precisamente intorno a 120/80 mmHg, il rischio cardiovascolare è considerato minimo. La pressione alta danneggia progressivamente i vasi sanguigni e ne favorisce l’irrigidimento, accelerando il processo aterosclerotico. È quindi importante intervenire precocemente, e le prime misure consigliate sono di tipo igienico-comportamentale: perdita di peso, riduzione del sale, abolizione del fumo e aumento dell’attività fisica.
L’attività fisica regolare ha dimostrato di ridurre la pressione arteriosa anche in assenza di perdita di peso significativa. perché migliora la regolazione della pressione, ci sarà un’azione positiva sul metabolismo dei grassi, sulla sensibilità insulinica e sulla composizione corporea.
Il movimento attivo agisce su più fronti, rompendo quel circolo vizioso che lega ipertensione, obesità, diabete e malattie cardiovascolari.
- Il peso dell’ambiente: inquinamento e rischio cardiovascolare
Un altro aspetto spesso sottovalutato riguarda l’ambiente in cui viviamo, perché diversi studi epidemiologici hanno evidenziato che il rischio di infarto e altre patologie cardiovascolari aumenta sensibilmente nelle aree ad alta densità di inquinamento.
Le particelle sottili (PM10 e PM2.5), prodotte da traffico veicolare, industrie e riscaldamento domestico, sono in grado di penetrare nei polmoni, entrare in circolo e causare infiammazione sistemica, stress ossidativo e disfunzione endoteliale. Questo processo contribuisce all’aterogenesi e può scatenare eventi acuti, anche in persone apparentemente sane.
Chi vive in città densamente popolate o in prossimità di aree industriali dovrebbe quindi prestare ancora più attenzione al proprio stile di vita e ai fattori di rischio cardiovascolare, poiché l’ambiente esterno agisce come ulteriore elemento aggravante.
Fonti e Note bibliografiche
- La sindrome metabolica: impatto sul rischio cardiovascolare r-libre.pdf
- Fattori di rischio cardiovascolare e attività fisica – ScienceDirect
- www.viverbenecardio.ch/Sites/328/WebExplorer/News/attivit%C3%A0%20fisica.pdf
- La sindrome metabolica | Istituto Lombardo – Accademia di Scienze e Lettere • Incontri di Studio
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