Teatro Carignano, 21 – 26 novembre 2023
Martedì 21 novembre 2023, alle ore 19.30, debutta al Teatro Carignano di Torino Zio Vanja di Anton Cechov con la regia di Leonardo Lidi, artista associato e vicedirettore della Scuola per Attori del Teatro Stabile di Torino. Dopo Il gabbiano, portato in scena nella scorsa stagione, questa è la seconda tappa del Progetto Cechov, una trilogia diretta da Lidi e dedicata al grande maestro russo.
Lo spettacolo è interpretato da Giordano Agrusta, Maurizio Cardillo, Ilaria Falini, Angela Malfitano, Francesca Mazza, Mario Pirrello, Tino Rossi, Massimiliano Speziani, Giuliana Vigogna. Le scene e le luci sono di Nicolas Bovey, i costumi di Aurora Damanti e il suono di Franco Visioli.
Zio Vanja, prodotto dal Teatro Stabile dell’Umbria, dal Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale e da Spoleto Festival dei Due Mondi, verrà replicato al Carignano fino a domenica 26 novembre.
Tutte le recite in programma al Carignano sono accessibili attraverso soprattitolazione, audiodescrizione e materiali di approfondimento. Venerdì 24 novembre alle ore 18.00 è previsto un tour descrittivo e tattile sul palcoscenico.
Nell’ambito di Retroscena, mercoledì 22 novembre 2023 alle ore 17.30 Leonardo Lidi e gli attori della Compagnia incontreranno il pubblico. L’appuntamento è introdotto da Matteo Tamborrino (Università di Torino).
Zio Vanja racconta le vicende di una famiglia sconfitta dai propri fantasmi, è il dramma delle occasioni mancate, delle rinunce e dei rimpianti: una commedia domestica che pare quasi costruita sull’inerzia. In questo dramma i protagonisti sono bloccati nell’immobilismo della provincia russa e si crogiolano nella noia e nel tormento per i propri fallimenti, ospiti di una grande dacia in decadenza. La loro stasi è solo apparente e restituisce ancora più forza allo specchio sfacciato che riflette le nostre debolezze.
Scrive il regista: «C’eravamo tanto amati. C’è stato un tempo dove questa strana famiglia non era poi così strana. I ruoli erano ben distribuiti, con credibilità e senza eccessi, e ogni personaggio poteva considerarsi utile allo spettacolo del quotidiano. Ognuno al proprio posto, con ordine e naturalezza. Chi indossava il costume dell’intellettuale, ad esempio, era da considerarsi metafora di speranza futura ed era opportuno riservare ad esso amore e gratitudine come ad un eroico e fascinoso cavaliere. Era lecito che una bella e gentile ragazza si invaghisse del proprio professore ed era altrettanto plausibile che la famiglia della giovine tutelasse il sapiente uomo come un animale in via d’estinzione. E così Vera si sposa con Aleksandr, lo porta a Casa e la storia comincia. Gli abitanti del pianeta Cechov si animano, trovano una dimensione adeguata alla propria formazione, tutti remano nella medesima direzione e la possibilità di una Russia efficace e vincente smette di essere un miraggio e si tramuta in un concreto e reale domani. In una dimensione dove l’uomo è artefice del proprio destino la felicità potrebbe trovare il giusto spazio. Ma Vera muore e tutto cambia. La speranza si spegne e chi prova a ricominciare suona ridicolo nel suo tentare. Il cuore si tinge di nero e questa possibile colorata commedia diventa una dissacrante e continuata risata isterica ad un funerale. L’idea di un paese guidato dai suoi pensatori è sepolta e noi non possiamo che fare i conti partendo da questo inesorabile dato di fatto. Questa casa è culturalmente morta, amici miei. È governata da ignoranti e da sterili ideologie. Ce lo ricorda lo Zio, quel buffone vestito male che palpa con gli occhi le nostre fidanzatine e aspetta le riunioni di famiglia per alzare il gomito e sbatterci in faccia la nostra condizione perennemente umiliante. Inutile lavorare, inutile impegnarsi, inutile studiare. Dice, lo Zio. Meglio aspettare un reddito senza sudare, meglio lamentarsi di chi ha distrutto il talento. La seconda tappa del Progetto Cechov abbandona il gioco e si imbruttisce col tempo. Spazza via i contadini che citano Dante a memoria per consentire un abuso edilizio ambizioso e muscolare. C’era un grande prato verde dove nascono speranze e noi ci abbiamo costruito una casa asfissiante con troppe inutili stanze ad occupare ogni spazio vitale. Avevamo sfumature e ora c’è un chirurgico bianco e nero che strizza l’occhio allo spettatore intelligente. Avevamo donne e uomini che cercavano la vita attraverso l’amore ma abbiamo preferito prenderne le distanze. Quando? Quando è diventato “troppo poco” parlare d’amore? Come se poi ci fosse qualcos’altro di interessante. Se nel Gabbiano sprecavamo carta e tempo nel ragionare sulla forma più corretta con il quale passare emozioni al pubblico, divisi tra realismo e simbolismo, tra poesia e prosa, tra registi, scrittori e attrici, e ci bastava una panchina per tormentarci dei dolori del cuore (Quanto amore, lago incantatore!) in Zio Vanja l’arte è relegata a concetto museale, roba da opuscoli aristocratici, uno sterile intellettualismo che non pensa più al suo popolo, che annoia la passione e permette agli incapaci di vivere di teatro. E allora che questa strana famiglia cantata da Cechov abbia la faccia di Gaber. La sua maschera irriverente. O meglio ancora di Freak Antoni. Che sia stonata e sgrammaticata. Sconfitta dai propri fantasmi. Ripugnante e fastidiosa. Con l’alito cattivo. Più alta del crocchiare di una gallina ad un comizio, più profonda del raglio di un asino messo a pilotare un aereo che si sta per schiantare. Che prenda in giro chi si nasconde dietro ai progetti perché spaventato e che faccia tanti e tanti e sentitissimi applausi a chi crede che Zio Vanja sia un testo attuale perché parla di alberi. Avete costruito un focolare tanto stupido che preferisco congelare al sincero freddo della mia solitudine, lasciatemi fuori, escluso come il cane di Rino Gaetano! Prendetevi le ghiande e lasciatemi le ali. In questa cosa/casa non ci voglio neanche entrare – ma siate pazienti, l’anno prossimo la vendiamo per davvero! “Non è nulla bambina mia, le oche starnazzano per un po’ e poi si calmano… Starnazzano per un po’ e poi si calmano”».
TEATRO CARIGNANO
Dal 21 al 26 novembre 2023
ZIO VANJA
PROGETTO CECHOV – seconda tappa
di Anton Cechov
con Giordano Agrusta, Maurizio Cardillo, Ilaria Falini, Angela Malfitano,
Francesca Mazza, Mario Pirrello, Tino Rossi, Massimiliano Speziani, Giuliana Vigogna
regia Leonardo Lidi
scene e luci Nicolas Bovey
costumi Aurora Damanti
suono Franco Visioli
Teatro Stabile dell’Umbria / Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale / Spoleto Festival dei Due Mondi
INFO
Teatro: Carignano, piazza Carignano 6, Torino
Orari degli spettacoli: martedì, giovedì e sabato ore 19.30; mercoledì e venerdì ore 20.45; domenica ore 16.00.
Prezzo dei biglietti: Intero € 37,00 – Ridotto € 34,00
L’acquisto dei biglietti in prevendita prevede un costo di € 1 a biglietto
BIGLIETTERIA DEL TEATRO STABILE DI TORINO
Telefono 011 5169555 / Numero verde 800 235 333
Teatro Carignano, Piazza Carignano 6 – Torino
Orario: da martedì a sabato, dalle ore 13 alle 19, domenica dalle ore 14 alle 19.
Online www.teatrostabiletorino.it
Altri articoli
Torna Diada: dramma di un’adolescenza senza speranze
Domenica 13 ottobre “Note al museo” ad Almenno S. Bartolomeo (BG)
We all love Ennio Morricone incontra i Giovani