Di Gino Morabito
Esagerazione, teatralità, disinibizione. Un’identità emblema di uno stile di vita. Tra ribellione e diversità, Achille Lauro trasforma i racconti di una Roma pasoliniana in musica neorealista. Popstar, rockstar, punk rocker, icona glam, scrittore bohémien. Tutto e niente. Dal degrado dei palazzi di Vigne Nuove ad una vita sotto la luce dei riflettori, a celebrare la solitudine nascosta in un costume da palcoscenico.
Dopo il nuovo album di inediti e la hit estiva con Fedez e Orietta Berti, Achille Lauro annuncia di aver siglato uno dei più importanti overall deal d’Europa con Amazon Prime, che ha preso il via con la partecipazione al programma Celebrity hunted. Per due anni l’artista parteciperà alla produzione di film, serie tivù, documentari e formati in collaborazione con il colosso americano.
Il tormento interiore, quella perenne insoddisfazione che ci logora dentro.
«Sono una persona tormentata che guarda al passato con malinconia e al futuro come un grande sognatore, immaginando quello che ancora non esiste. Non vivo il presente ma è il motore di tutto, ciò che mi spinge a scrivere.»
Solo eccesso, follia, libertà, disobbedienza. Scrivere sopra ogni cosa.
«Io scrivo. Non solo canzoni ma riflessioni su chi sono, sulla vita, sull’amore. L’amore cinico, quello non corrisposto, l’attrazione sessuale. Scrivo partendo da sensazioni, da stati d’animo, e ogni volta fotografo una parte di me.»
Dai primi mixtape all’ultimo Lauro, ogni canzone è frutto di una ricerca dell’autorato, di una cura certosina della parola. Ha il proprio colore e un’immagine che le appartiene.
«Le mie canzoni sono sempre spontanee. Quando le scrivo, ho chiare in mente delle immagini che voglio riuscire a far vedere a chi le ascolta. Da qui la costruzione vera e propria dell’abito che diventa costume di scena, video, cover… tutto ciò che si guarda.»
L’appariscenza del personaggio con il rischio di sovrastare la propria musica.
«È un rischio che ho deciso di correre, mettendo in conto anche la possibilità che tutto questo prima o poi possa finire. Il successo mi ha dato il lusso di essere libero. Libero di non omologarmi alle logiche di mercato, di uscire dalla mia zona di comfort per mostrare realmente chi sono.»
Lauro De Marinis figlio di gente onesta, cresciuto in una comune.
«La voglia di arrivare dove sono oggi e la capacità di andare avanti a dispetto di tutto e tutti deriva dai valori trasmessi dalla mia famiglia: persone oneste che avrebbero meritato certamente di più. Sono cresciuto nella periferia estrema di Roma, in una comune di ragazzi dove c’erano artistoidi di tutti i tipi, disgraziati, delinquenti, scappati di casa, figli di nessuno. C’era sempre qualcuno che scriveva molto bene e faceva musica. Già da allora ho imparato a confrontarmi per capire se la mia opera valesse qualcosa.»
Una passione per la musica ereditata dal fratello maggiore, detto Fet, e la scelta di andare a vivere a Roma, città decadente e poetica.
«Ringrazio la periferia dove sono cresciuto; ringrazio la mia città, perché non sarei chi sono oggi, se non ci fosse Roma. Non a caso Rino Gaetano, Mannarino, Coez, sono tutti romani. Per non parlare di Franco Califano, un artista che, più di ogni latro, ha messo dentro i pezzi le proprie emozioni.»
Un’identità emblema di uno stile di vita, la solitudine nascosta in un costume da palcoscenico.
«Molti pensano che la performance sia mettersi una parrucca in testa e un vestito appariscente, ma quella è solo la punta dell’iceberg. Dietro c’è sempre un concetto, delle ispirazioni, lo studio. Sono ossessionato dal dettaglio; vado a cambiare addirittura i respiri, quello che la gente neanche sente. Prima di pubblicare qualcosa, rimetto in discussione il progetto altre cento volte.»
Un’esposizione mediatica che ha aiutato a costruire un dibattito culturale a partire dai diritti.
«Per riuscire ad immaginare un futuro, dobbiamo difendere i diritti umani aiutando le persone nel concreto. Tutelare in primis il diritto di scelta, dando ai giovani la possibilità di capire che scegliere è possibile e diventa necessario per un cambiamento.»
Da sempre la musica è il motore del cambiamento. Ha cambiato il modo di pensare, di vestire, di ballare, di interpretare la realtà e di esprimersi. Ha legittimato la ribellione, la libertà e ha aperto le porte all’individualità.
«La musica riesce a fermare, a fissare le mie molteplici personalità. Nella storia, il rock’n’roll è sempre stato la sessualità, la sensualità, il ballo a due, la voglia di cambiamento, di rinascita. Il punk rock è l’icona della scorrettezza, l’anticonformismo, la volontà di fare sempre qualcosa di unico e irripetibile.»
Il glam rock è un manifesto di libertà. Lo è stato e lo è ancora.
«Il glam rock è un genere che ha ispirato la mia carriera, il mio percorso. Incarna la scelta di essere in un determinato modo: essere tutto e niente, la volontà di rappresentare qualcosa di teatrale per celare un significato più profondo.»
Achille Lauro parla al mondo degli irrisolti, dei fuori rotta, dei falliti, traendo ispirazione dalla vita.
«L’ispirazione è ovunque. È nel parlare con le persone; in quello che vivo, in quello che sento, in quello che sono stato. L’identità di ognuno è il frutto di tutte le esperienze vissute.»
Nel cielo patinato dello star system, assoli di entusiasmo brillano ancora.
«Dio benedica gli incompresi!»
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