Palermo. Nasce la campagna “Mi chiamo Luca, Sono italiano”, organizzata da Raizes Teatro, compagnia culturale internazionale che promuove i diritti umani attraverso le arti e il teatro, per supportare la causa di Luca Neves, nato a Roma da genitori capoverdiani l’8 ottobre del 1988 e ad oggi sprovvisto della nazionalità e dei documenti necessari alla partecipazione alla vita civica e civile del Paese.
Il 9 maggio alle 20.00, live sui canali di Raizes Teatro, è prevista la presentazione di “Luca Re d’Italia”, un monologo interpretato dallo stesso Luca Neves, scritto e diretto da Alessandro Ienzi, direttore della compagnia teatrale siciliana, e prodotto da Raizes Teatro con il patrocinio di International Human Rights Art Festival di New York, Avant Garde Lawyers and Global Campus of Human Rights. Il monologo sarà preceduto da una conferenza di presentazione con Alessandro Ienzi, Luca Neves e la giornalista Virginia Cataldi.
Il 12 maggio, alle 20.00, presentazione di “Luca Neves – Io non esisto”, documentario sulla vita di Luca Neves, a cura di Virginia Cataldi.
Marina Mazzamuto, in seguito alla fortunata campagna Justice For dedicata agli attivisti di tutto il mondo, tra cui Patrick Zaki, realizzerà per l’occasione una illustrazione dedicata a Luca Neves e a tutti gli apolidi e alle altre persone che hanno difficoltà nell’ottenere la cittadinanza o i documenti necessari alla partecipazione sociale e all’integrazione
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Raizes Teatro, dunque, svolge ancora una volta la sua attività di advocacy ed esplora una delle storie più straordinarie e assurde degli ultimi anni della nostra Repubblica, quella di Luca Neves, per l’appunto.
Luca svolge l’intero percorso scolastico nella città in cui è nato, a Roma, dall’asilo fino al liceo, fino al conseguimento del diploma alberghiero in qualità di chef.
Compiuti diciotto anni, Luca richiede la cittadinanza italiana, che dovrebbe essergli concessa, secondo le disposizioni di legge in vigore. A causa di un ritardo nella presentazione della domanda e di intoppi burocratici, Luca non ha mai ottenuto la cittadinanza né i relativi documenti. Nelle more della concessione della nazionalità, l’amministrazione italiana gli comunica un espatrio a Capo Verde, terra da lui mai vista.
Inizia così un interminabile giro di giostra che di ufficio in ufficio lo conduce ad ambasciate, municipii, questure, uffici vari.
Luca resta così privo di qualsivoglia documento che gli consenta di partecipare alla vita civica e civile del Paese che ritiene, a buon diritto, il suo.
A causa della mancanza della carta di identità, Luca è però costretto a più riprese a rifiutare offerte di lavoro in Italia e all’estero, vedendosi limitati, nei fatti, i diritti al sostentamento e ad un arricchimento sociale e culturale in seno alla comunità. Per poter sopravvivere è costretto dunque ad arrangiarsi con lavori che svalutano il livello della sua preparazione, costretto a lavorare senza tutele e con retribuzioni assenti o non commisurate alle sue mansioni. Luca si occupa al contempo del padre, disabile, che risiede all’American Hospital: l’uomo, dopo aver lavorato e pagato i contributi in Italia, dal 1975 fino ad oggi, percepisce la pensione italiana. Nel 2012 si ammala anche la madre di Luca: la donna (morirà l’anno successivo) necessita di cure 24 ore su 24. È in questo frangente che gli viene comunicato un nuovo espatrio dalla Questura di Tor Sapienza, dove peraltro gli viene detto che l’unica soluzione è andare a Dakar per un timbro.
Ad oggi Luca è uno chef ma è anche un rapper che canta la sua apolidia. Si può vivere senza documenti, senza uno Stato che accolga i propri cittadini? E Luca, a quale nazione appartiene?
“Luca Neves è di fatto un cittadino italiano, per quanto le istituzioni non intendano riconoscerlo – dice il regista Alessandro Ienzi -. Il suo caso è l’ennesimo che ci racconta come l’Italia sia cambiata ma non vogliamo accettarlo. La multiculturalità e la condizione degli immigrati di seconda generazione è un tema da cui dipenderà il futuro del Paese nei prossimi decenni. Lo ius soli, un’amministrazione più efficiente e più accorta verso il cittadino, o a chi spetta esserlo, sono elementi fondamentali per l’affermazione dello stato di diritto.”
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